Interviste verso il primo maggio in provincia di Frosinone. Abbiamo ascoltato la segretaria generale della Uil, Anita Tarquini.
Quanto incideranno dazi e sconvolgimenti globali sulla situazione economica e occupazionale provinciale?
“Partendo dal concetto che i dazi sono tasse che vengono imposte sui prodotti di importazione, è facile immaginare quanto possano impattare sulla situazione economica e di riflesso su quella sociale. Si rischia un cambiamento nelle quantità e – aggiungerei – anche di qualità delle nostre esportazioni. I produttori certamente non si caricheranno di tali aumenti e preferiranno scaricarli sui cittadini consumatori. Ci sono poi da considerare le ricadute sui consumi interni, legate all’impatto sull’occupazione e la crescita economica. Perché se l’export calerà si rischia una perdita di oltre 50mila posti di lavoro nel Paese. Esportiamo macchinari di alta tecnologia che servono comunque agli Stati Uniti, esportiamo anche prodotti agroalimentari. Siamo attivi nel campo della moda e quindi dell’abbigliamento, nel farmaceutico e nell’automotive. I dazi posso diventare un’arma a doppio taglio e forse anche Trump – dopo tanta demagogia – lo incomincia a capire. Non a caso la Coca Cola, con l’aumento dei dazi sull’alluminio, pensa già di rivolgersi ad altri Paesi”.
Il 2024 si era chiuso per la Ciociaria all’insegna della deindustrializzazione e della precarizzazione: qual è la situazione del lavoro e del comparto produttivo a 4 mesi di distanza?
“La situazione è stagnante, non si vedono spiragli di luce. Servono idee e progetti di ampio respiro. E poi bisognerebbe iniziare a investire su progetti concreti, adattabili al territorio in tempi brevi. Le istituzioni, con l’aiuto delle parti sociali, sono chiamate ad affrontare e risolvere le difficoltà. Sotto questo aspetto, l’ultimo provvedimento da 500 milioni di euro emanato recentemente dal Mimit, che ha stabilito termini e modalità per la presentazione delle domande relative alla realizzazione di programmi di sviluppo finalizzati a potenziare e promuovere la competitività e la resilienza delle filiere strategiche di approvvigionamento, mediante lo strumento dei Contratti di sviluppo, è un segnale positivo. Le filiere produttive strategiche individuate comprendono i settori dell’automotive, agroindustria, design, moda e arredo, sistema casa, metallurgia e siderurgia, meccanica strumentale, elettronica e ottica, treni, navi, aerei e industria aerospaziale, chimica e farmaceutica. Molte sono presenti sul nostro territorio, non va persa questa occasione. Dobbiamo puntare sulla qualità per cui servono politiche industriali capaci di sostenere la riconversione produttiva, sulla transizione energetica, tecnologica, dei cambiamenti climatici, spingere sul turismo, valorizzando il patrimonio storico, culturale e paesaggistico della Ciociaria”.
Torna d’attualità l’industria delle armi tra iniziativa all’ex Winchester di Anagni e proposte di conversione per aziende dell’indotto automotive: quale l’approccio suo e della Uil a questa tematica?
“Le armi significano guerre, quindi una valutazione personalmente estremamente negativa. Non si può pensare a un progetto simile, la guerra porta solo altra guerra, non la pace. Sarebbe pura utopia pensare che i produttori di armi possano impegnarsi per ottenere la pace. L’indimenticato Alberto Sordi ce lo ha descritto impietosamente nel film ‘Finché c’è guerra c’è speranza’. Con le guerre – la storia ce lo insegna – ci sarà una piccola parte del mondo che si arricchirà sempre di più e il resto – la maggioranza – morirà di stenti o di bombe”.
Arriva un altro Primo Maggio mentre il ricorso alla cassa integrazione resta da allarme rosso, i redditi dei ciociari sono tra i più bassi del Lazio: come invertire questo declino?
“Non è impossibile invertire il declino. Serve però coraggio, quel coraggio che finora è mancato e che ha assecondato la crescita smisurata del lavoro precariato. Una nostra ricerca ha rilevato che nel 2023 tre contratti di lavoro su quattro attivati a Frosinone e provincia sono stati atipici. E non è un caso se recentemente abbiamo rilevato che in Ciociaria c’è il gender pay gap più elevato del Lazio, che ha portato le lavoratrici a guadagnare mediamente nel 2023 quasi ottomila euro in meno dei colleghi uomini. Coraggio delle scelte, insomma. Coraggio che finora è mancato anche nel campo della salute e sicurezza sul lavoro. Non a caso lo scorso anno la Ciociaria ha pianto 11 persone morte sul lavoro, due in più rispetto all’anno precedente. Il Primo Maggio è la festa dei lavoratori. Il Primo Maggio oggi segna il nostro impegno per rimettere al centro il lavoro sicuro e di qualità per le persone”.