Si avvicina il primo maggio e inauguriamo una serie di servizi sul lavoro. Per iniziare, abbiamo ascoltato Mario Spigola, già segretario generale della Fim, l’organizzazione dei metalmeccanici Cisl, conoscitore profondo delle vicende occupazionali e produttive della provincia di Frosinone. Partiamo da Stellantis: “La produzione nel 2024 è stata di 26.850 unità, determinando una flessione negativa del -45% rispetto al 2023, la peggiore nella storia dello stabilimento di Cassino e le cose appaiono nebulose. Di fronte a questo mare magnum in burrasca, avremmo bisogno di essere guidati con fermezza e lungimiranza, avere una visione di Paese che vada oltre le prossime tornate elettorali, che stabilisca gli asset strategici invendibili, che elabori una politica industriale territoriale e nazionale degna di essere chiamata con tale nome. Purtroppo però il nostro ‘veliero’ non è adeguato a fronteggiare le burrasche e le tempeste e per di più abbiamo un capitano che pensa solo a non macchiarsi la divisa ed è peraltro affiancato da una ciurma litigiosa e incompetente”.
- Il ciclone Trump lascerà molti “morti” sul fronte occupazionale e difficilmente farà solo “prigionieri” (vale a dire cassintegrati)…
– “Spira un forte burrasca nel mondo, del resto le velleità egemoniche di Trump erano ben note anche prima dell’insediamento: ha imposto dazi, chiesto di aumentare al 5% le spese militari, ha un visione del mondo americanocentrica, non so se scherza quando dice di voler annettere Panama e Groenlandia, il che tende ovviamente a favorire le grosse lobby che hanno decretato il suo successo come quelle delle armi, petrolifere o farmaceutiche; vuole cacciare 2 milioni di immigrati, si avvale di un magnate come Musk che ovviamente tende a fare pressioni per difendere e allargare i propri multi interessi. In Europa i venti che si profilano non sono di buon auspicio, in Germania c’è un forte rischio che diventi primo partito la destra xenofoba. In Austria è stato designato il nuovo primo ministro Kickl dell’ultradestra, in Francia Macron non sta messo meglio e questi movimenti tellurici potrebbero condizionare pesantemente la politica europea e quindi quella italiana. E con queste incognite che stiamo raggiungendo il quinto mese del 2025″.
Un Primo Maggio in arrivo tra deindustrializzazione e precarizzazione
- Il lavoro resta un rebus.
“In tutto il 2024, come fotografato dall’Istat, si è raggiunto in Italia il record di oltre 24 milioni di occupati,
trascinando al massimo storico anche il tasso di occupazione (62,3%). Un dato da ‘boom’ economico se non
fosse associato al crollo della produzione industriale che si protrae ormai da oltre più di 800 giorni consecutivi. Un segnale netto di arretramento dell’intero sistema industriale italiano considerato che a rallentare sono in prima linea l’industria manifatturiera e la grande impresa come il comparto dell’automotive (-9,8% le immatricolazioni
del gruppo Stellantis nei primi tre mesi del 2025) dove storicamente più elevati sono produttività, salari, investimenti e innovazione”.
- Dove si dirige, quindi, questa ondata di nuova occupazione?
“Verso il settore terziario dei servizi. Ai flussi migratori del secondo dopoguerra – dall’agricoltura all’industria – si contrappone oggi un flusso di occupazione dall’industria ai servizi. Deindustrializzazione e terziarizzazione. Una trasformazione epocale del sistema produttivo italiano che si sposta verso i settori terziari, ma meno efficienti e innovativi. Un fenomeno controverso, che alimenta la bassa crescita e la precarizzazione del lavoro contribuendo a svilire produttività e qualità dell’occupazione. Come indicato dal CNEL (XXV Rapporto sul mercato del lavoro e la
contrattazione collettiva) sono cresciuti, in questi ultimi anni, i contratti atipici e quelli “pirata”, particolarmente diffusi tra le microimprese del commercio, dell’edilizia e dei trasporti, con retribuzioni e tutele minori rispetto ai contratti collettivi. È questa una chiave di lettura per interpretare il rebus dell’economia italiana ed anche di quella locale: oggi l’occupazione cresce nei settori a bassa produttività, a ridotto valore aggiunto e a basso salario, dove più intenso è l’uso della manodopera precaria. I dati dell’Inps (Osservatorio sul mercato del lavoro), indicano che il part-time involontario, i contratti a termine e le partite IVA rappresentano le tipologie contrattuali più comuni per le nuove assunzioni in questi settori. Il numero delle cessazioni contrattuali in provincia, da gennaio a dicembre 2024, è stato di 43.534 per una crescita del 6,01% rispetto alle 41.064 dell’anno precedente. In provincia l’anno scorso sono stati attivati 45.564 nuovi contratti di lavoro, più 1.630 rispetto all’anno precedente (43.934) per un incremento del 3,71%. Contemporaneamente, i dati Istat mostrano oltretutto che l’aumento dell’occupazione è stato accompagnato da una costante diminuzione delle ore medie lavorate per occupato”.
Il ‘piombo’ nelle ‘ali’ produttive, peggio che nel periodo della pandemia
- Intanto il comparto industriale continua a perdere produzione.
“L’Istat, l’istituto italiano di statistica, ha pubblicato i dati mensili sulla produzione industriale italiana, che indica il livello di attività dell’industria nazionale: continua ad andare molto male, e per il 25esimo mese consecutivo è risultata in calo rispetto ai livelli dell’anno precedente. Nel trimestre dicembre-febbraio la produzione industriale è calata dello 0,7% rispetto al trimestre precedente. Il livello della produzione a febbraio è ancora del 7 per cento inferiore rispetto i livelli pre-covid. E’ un dato su cui c’è sempre molta attenzione, perché dall’andamento dell’industria dipende ogni anno circa un quinto di tutto il Prodotto Interno Lordo italiano: dallo scorso anno risente di un importante calo generalizzato dei consumi e delle esportazioni, particolarmente accentuato per l’abbigliamento e il settore delle auto; un’altra ragione sono i prezzi dell’energia più alti che in passato, che rendono assai costose le produzioni delle industrie più energivore. I cali non riguardano solo l’industria italiana: ci sono segnali di una crisi ancora più seria anche nel resto dei paesi europei, soprattutto in Germania. Se prendiamo il dato di luglio l’indice della produzione industriale italiana è stato pari a 94,5: ha come base di riferimento il livello medio del 2021, fissato a 100. Significa che la produzione industriale è attualmente del 5,5 per cento più bassa rispetto ad allora, quando era ancora in vigore parte delle restrizioni della pandemia da coronavirus. Oggi non ci sono più, eppure nelle industrie italiane si produce comunque meno rispetto ad allora”.
- La sua conclusione su un simile panorama?
“Nei resoconti del governo tutto appare roseo, il pil cresce la disoccupazione è in forte calo anzi, calo da record, le diseguaglianze sociali ridotte, i servizi migliorati, per la sanità sono stati programmate notevoli risorse come mai avvenuto sinora, la scuola viaggia a gonfie vele e poi c’è il ponte sullo stretto, già…peccato però che la realtà sia ben diversa da come ce la raccontano. Del resto, nelle risposte che le ho dato, ho analizzato gli stessi dati e gli stessi istituti che loro utilizzano per enfatizzare le loro conquiste”.