Un racconto intenso, carico di dolore e amarezza. Per oltre tre ore, Ernesto Di Carlo, padre di Sandro Di Carlo, il giovane di Cassino che il 27 maggio 2023 ha ucciso a coltellate Yirelis Pena Santana, una donna di origini dominicane, ha ripercorso davanti ai giudici il calvario della sua famiglia. Un calvario lungo dieci anni, fatto di richieste d’aiuto rimaste inascoltate, di segnalazioni alle autorità, di paura e disperazione.
“Mio figlio era pericoloso, ma nessuno ha voluto curarlo”. Con voce ferma ma provata, Ernesto Di Carlo, assistito dagli avvocati Sandro e Vittorio Salera e Alfredo Germani, ha descritto il progressivo peggioramento del figlio, sottolineando come la sua indole aggressiva e violenta fosse il risultato di gravi disturbi psichiatrici mai riconosciuti dalle istituzioni. “Sandro era divenuto incontrollabile, aveva sbalzi d’umore dettati da problemi psichiatrici. Nonostante io abbia chiesto aiuto a tutti per farlo curare, ho sempre trovato un rimpallo istituzionale. Non è stato mai giudicato malato, ma sempre un giovane esuberante.”
Eppure, secondo il padre, il figlio rappresentava un pericolo costante per sé e per gli altri, soprattutto quando faceva uso di alcol. “L’alcol su di lui aveva effetti devastanti. Diceva che dentro di sé aveva un drago che lo spingeva alla violenza. Noi, come famiglia, abbiamo tribolato per dieci anni. Più volte ho chiesto ai Carabinieri e alla Polizia di arrestarlo, proprio per evitare che facesse del male”. Un disperato tentativo di ottenere un intervento prima che fosse troppo tardi. Tentativo che, purtroppo, non ha avuto successo.
La notte dell’omicidio
Secondo Ernesto Di Carlo, già nei giorni precedenti al delitto il figlio era nervoso e questo lo preoccupava. La mattina del 27 maggio, Sandro si era recato al lavoro con gli operai del padre in provincia di Latina, ma nel pomeriggio aveva smesso di rispondere al telefono. “Non rispondeva più lui, non rispondevano i miei dipendenti. Ho pensato al peggio, ho temuto che avesse ammazzato tutti e ho chiamato i Carabinieri di Pontecorvo”. L’allarme si era rivelato infondato, ma poche ore dopo Sandro Di Carlo si era reso protagonista di un atto atroce e irreparabile. “Mi dispiace per quanto accaduto quella sera. Lui con me ha sempre negato, ma io credo che quella povera ragazza si sia accorta che fosse ubriaco e abbia provato ad allontanarlo. È in quel momento che, nella sua mente, è scattata la follia che tutti conosciamo.”
La presenza dei rappresentanti della Repubblica Dominicana
In aula, insieme ai familiari di Ernesto Di Carlo, erano presenti anche i due rappresentanti della Repubblica Dominicana, giunti per seguire il processo e per sostenere la famiglia di Yirelis Pena Santana, che attende giustizia e spera di poter riportare al più presto la salma della giovane nella sua terra d’origine. Un caso che scuote profondamente la comunità, lasciando aperte domande dolorose: questa tragedia poteva essere evitata? Il sistema ha ignorato i segnali d’allarme? Di certo, il racconto di Ernesto Di Carlo non è solo una testimonianza, ma anche un atto d’accusa verso un meccanismo che, per dieci lunghi anni, non ha saputo o voluto intervenire.