Il ritorno alla vita, ma soprattutto un premio per il digiuno imposto dalla Quaresima. La tradizione sulla tavola di Pasqua è questo: i sacrifici fatti nel periodo che precede la festività vengono ricompensati con tutto il ‘ben di Dio’ che sarà presente domenica. Ecco quindi un viaggio, un giro d’Italia, tra le tradizioni culinarie della Pasqua: dall’Emilia Romagna, al Lazio, alla Campania per arrivare alla Sicilia.
In Emilia Romagna pranzo ricco e tavola imbandita di dolci della tradizione
Sulle tavole – ricche e notoriamente saporite – dell’Emilia-Romagna il binomio vincente è solo uno: lasagne e agnello. Niente opulente colazioni, come invece accade nel centro Italia, ma direttamente un pranzo luculliano con i piatti della tradizione. Le lasagne sono rigorosamente quelle di Bologna, quindi preparate con uno strato di spinaci e uno di ragù, tutto arricchito con la besciamella. Tra i primi, spicca anche la tardura: una minestra di uova, parmigiano e pan grattato, cotta nel brodo di carne e spolverata con noce moscata. Tra i secondi piatti, svetta l’agnello (accompagnato da piselli e pancetta o da finocchi stufati), ma si fa largo spesso anche il coniglio, cucinato riccamente alla cacciatora o in porchetta. È sulla tavola dei dolci, le prelibatezze emiliano-romagnole abbondano: praticamente ogni provincia ha la sua tradizione. A Bologna la regina della tavola è la torta di riso, mentre Parma gustano la Torta Maria Luigia (con farina di nocciole, crema pasticcera e ganache al cioccolato) e a Reggio Emilia preferiscono la zuppa inglese. Piacenza sceglie il Latte in piedi, una sorta di budino a forma di ciambella. A Modena troneggia la colomba di Pavullo, una prelibatezza farcita con marmellata, pinoli e uvetta. A Ferrara, con la nota influenza della comunità ebraica sulla cucina tipica della zona, si mangiano soprattutto gli zuccherini, cioè ciambelline secche. Ravenna, invece, preferisce i ‘piadòt‘, i gialletti, preparati con farina di mais. In Romagna la preferita è la pagnotta, un pane preparato con le uova benedette incastonate e salame, mentre nelle zone dell’Appennino vince la panina pasquale, un dolce con liquore all’anice, buccia d’arancia e pezzetti di limone. Spazio anche per l’immancabile ciambella romagnola: a forma di filoncino, è cosparsa di zucchero semolato o granella di zucchero.
Nel Lazio la ‘sacra’ colazione di Pasqua tra corallina, pizza al formaggio, coratella e uova di cioccolata
‘Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi’? Nel Lazio questo famoso proverbio non vale perché la Pasqua si festeggia in famiglia. E la Pasqua ha solo un senso: la colazione. Che a ben vedere proprio colazione non è. Non immaginatevi un bel bicchiere di latte con i biscottini. La colazione tradizionale della Pasqua laziale, e soprattutto romana, è sia dolce che salata e scorre a fiumi il vino, meglio se Cesanese di Olevano Romano DOC. Passando in rassegna la tavola, che ricorda un tradizionale banchetto della Roma antica (manca solo il triclinio), si passa da sua maestà la corallina (salame dalla grana grossa comprato rigorosamente al metro), alla torta al formaggio, alla pizza sbattuta, alla torta pasqualina, alla colomba della tradizione, immancabili, poi, le varie ricette con i carciofi tra cui la famosa coratella di agnello. Ma anche pastiera e casatiello, presi in prestito dai cugini napoletani, non possono mancare sulla tavola laziale, così come le uova sode (decorate per l’occasione dai pargoli di casa) e quelle di cioccolata che vengono regalate ai bambini, ma poi condivise tra tutti i commensali. Immaginando di sedersi per le 9 della mattina a tavola ci si aspetta che il pranzo salti o venga in secondo piano: e invece no: nel Lazio il pranzo non si salta e tra una lasagna e un abbacchio cucinato in tutte le salse si è pronti per affrontare la ‘pennica’ tradizionale e arrivare alla cena satolli (o quasi).
In Campania la tradizione tra dolce e salato: il re e la regina sono il casatiello e la pastiera
Dolce, o salato. O entrambe. La colazione di Pasqua in Campania ha un menù variabile con due pilastri supercalorici: il casatiello e la pastiera. Re e regina, da soli o in coppia. Il casatiello è una torta rustica nata presumibilmente nel Seicento, descritta già ne “La gatta cenerentola” di Giambattista Basile. Un impasto lievitato farcito di cicoli, salame, pecorino e provolone, con uova non sgusciate tenute in superficie, cotto al forno. Ha una variante nel “tortano“, in cui le uova vengono unite sode e a pezzetti nel ripieno. La pastiera napoletana invece pare un’invenzione divina. La leggenda narra che la sirena Partenope emergeva ogni primavera dalle acque del Golfo di Napoli per offrire il suo canto alla gente, che per ringraziarla le donava grano, farina, ricotta, uova, acqua di fiori d’arancio, zucchero e spezie, simboli della primavera. Ingredienti che la sirena consegnava agli dei, per mescolarli e creare il dolce tradizionale che oggi tutti conoscono. La pastiera moderna sembra sia stata preparata più prosaicamente per la prima volta nella cucina della Chiesa di San Gregorio Armeno.
In Sicilia trionfano i dolci, prima tra tutti la cassata (con buona pace di Massari)
Sono i dolci gli autentici protagonisti della Pasqua in Sicilia. E a primeggiare sulle tavole dei siciliani è la coloratissima cassata, con buona pace del ‘maestro’ Iginio Massari che la reputa “troppo dolce”. Posto d’onore per i tradizionali agnelli realizzati in pasta di mandorle e per le ‘cuddura cull’ova’, biscotti dalle forme più svariate cotti al forno, glassati e decorati con codette di zucchero e uova. Sul fronte del salato, invece, la palma d’oro dei primi va alle lasagne o, in alternativa, alla più tipica pasta al forno che nel Palermitano viene realizzata rigorosamente con i classici anelletti. Per il secondo piatto, invece, leader incontrastati sono il capretto e l’agnello, preparati al forno con patate. Non mancano, infine, sulle tavole siciliane, i carciofi con diverse formule di preparazione. – Fonte Agenzia Dire www.dire.it –